Giovambattista
Mele, nato in Italia nel 1942 a San Giovanni in Fiore,
in provincia di Cosenza. Cresciuto in quella splendida
Sila e avviato, dopo le scuole elementari, presso le
scuole seminaristiche dei P.P. Cappuccini della
provincia di Cosenza, nutriva la vocazione di servire il
Signore, ma gli eventi presero un’altra piega ed egli fu
costretto ad interrompere quel tipo di studi…
Si iscrisse in seguito alla scuola d’avviamento che
gli fornì la possibilità di inserirsi nel mondo del
lavoro come tutti. Iniziò a lavorare nel nord d’Italia,
nella città di Como, rimanendovi per un anno; ma alla
fine la nostalgia del paese lo fece rientrare. Ritornato
al paese, prese posto alle dipendenze del comune come
attacchino e banditore, posto che riuscì a mantenere per
dieci anni. Nel frattempo si sposò con Rosa Tedesco.
Fece anche l’esperienza come cuoco per tre anni
presso il convento dei frati Cappuccini, posto
offertogli da suo cugino, che allora era il superiore
del convento. Nella famiglia di Giovambattista Mele sono
esistiti vari sacerdoti, oggigiorno quasi tutti
deceduti; l’unico rimasto ancora in vita è il suo caro
zio, colui che nel lontano 17 Settembre 1955 lo
introdusse in seminario con la speranza che divenisse
sacerdote.
Il 28 febbraio del 1970 dovette emigrare nel Canada
e si stabilì nella città di Windsor (Ontario), dove
lavorò nel ristorante di un suo cugino per due anni e
mezzo.
Lavorò in una piccola azienda dove venivano puliti
i pezzi di automobile. Nel 1973 prese lavoro presso la
fabbrica di automobili (Chrysler,
oggi Daimler-Chrysler), e vi
rimase fino al 2003, anno che si pensionò.
Nel 1974 Rosa diede alla luce la loro quarta figlia
ed ebbero così in tutto un maschio e tre femmine:
Salvatore, Teresa, Maria, e Joanne.
L’anno 1985, P. Giovanni Bonelli, il parroco della
chiesa di Sant’Angela Merici, gli chiese di leggere le
sacre Scritture durante la messa delle domeniche insieme
ad altri lettori. Questo incarico si protrasse per
quattro anni, e nel frattempo nacque nel profondo
dell’animo suo qualcosa di nuovo in campo spirituale,
che lo spinse a far domande ai sacerdoti, i quali non
riuscivano minimamente a soddisfare la sua sete di
sapere e di approfondire lo studio delle tematiche
spirituali.
Continuando questa guerra interiore, cominciò ad
ascoltare un programma cristiano evangelico alla radio,
avendone avuta informazione dal suo migliore amico, che
gliela consigliava vivamente.
Da quanto aveva appreso nel seminario e dalla vita
condotta sempre in mezzo a preti, monaci e monache, e da
quello che leggeva la domenica in chiesa e dalle
spiegazioni fatte di quei testi non riusciva a trovare
la verità, ma soltanto cresceva la confusione. Così a un
certo punto della sua vita e precisamente il giorno del
suo compleanno (24 giugno), dopo tante riflessioni,
tanti pensieri e dopo aver analizzato se stesso, decise
di non andare più a leggere le Scritture in chiesa ma di
farlo personalmente a casa, affidandosi al Signore, per
trovare così la via della verità in modo autonomo.
Il Signore gli concesse la grazia di aprigli gli
occhi e la mente e lo indirizzò a scrivere la sua Parola
sopra un giornale italiano, la «Gazzetta», cosa che
continuò nel tempo. Anche un sacerdote della parrocchia,
P. Remo Rizzato, scriveva sullo stesso giornale e a lui
non andava il fatto che Giovambattista avesse ricevuto
lo spazio per scrivere grazie al direttore, che era un
suo grande amico.
Un missionario Battista, leggendo i suoi articoli,
lo volle conoscere. Questo missionario aveva servito il
Signore in Italia per quattro anni nel Lazio, poi era
ritornato a Detroit, Michigan (U.S.A); oggi è cappellano
in un penitenziario nel nord del Michigan. Avendolo
conosciuto, invitò Giovambattista nella Chiesa Cristiana
Evangelica e incominciò a fargli scuola biblica e
teologica; poi lo presentò davanti alla commissione del
Collegio in Cleveland (Ohio), dalla quale Giovambattista
ne uscì con un diploma in teologia.
Dopo ciò conseguì anche il diploma dell’Istituto
Biblico Bereano di Roma. Infine fu riconosciuto dalle
Chiese Battiste degli U.S.A. come ministro della Parola.
La cosa principale, però, restò per lui
principalmente il fatto di essere stato riconosciuto da
Dio come suo figlio mediante la sua grazia. Infatti
Dio salva chiunque invoca il nome del Signore Gesù Cristo,
suo figlio, il quale è morto per la salvezza dell’uomo.
Giovambattista, continuando a
essere al servizio del Signore, intende
prodigarsi quale umile servo nella sua missione
di diffondere la parola di Cristo, a gloria di Dio
Padre.
21-03-07; Aggiornato:
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