Alla domanda «Qual è la cosa più
importante nella vita?», Gesù risponderebbe
probabilmente come segue:
«Amerai
il Signore, Dio tuo,
con
tutto il tuo cuore
e
con tutta la tua anima
e
con tutta la tua mente
e
con tutta la tua forza» (Mc 12,30).
UN BISOGNO SENTITO DA SEMPRE
Ogni essere umano, nel suo
interiore, sente il peso degli interrogativi riguardo
all’origine, al significato e al destino della vita.
«Come ha avuto origine l’universo? Che senso ha la mia
vita? Cosa c’è dopo la morte? Esiste Dio?». Questi
quesiti hanno tormentato il cuore dell’uomo da sempre.
Li troviamo espressi nella Bibbia, specialmente nel
libro dell’Ecclesiaste, che fu scritto da Salomone, un
re d’Israele che salì al trono nel 970 a.C.
Dopo aver speso molti anni
cercando di colmare il suo profondo vuoto interiore con
ogni sorta di piaceri e attività, scrisse: «Poi mi
misi a considerare tutte le opera che le mie mani
avevano fatto, e la fatica che avevo impiegato a
compierle; ed ecco, tutto era nullità, e un cercare
d’afferrare il vento… perciò ho preso in odio la vita
perché tutto ciò che si fa sotto il sole m’è divenuto
disgustoso» (Ec 2,11.17).
Migliaia d’anni dopo e in
circostanze completamente diverse, Blaise Pascal
(1623-1662), un pensatore francese, espresse simili
angosce: «Nel vedere l’accecamento e la miseria
dell’uomo sperduto in quest’angolo dell’universo, senza
sapere chi ce lo abbia messo, che cosa sia venuto a
farci, che cosa diverrà morendo, sono preso da spavento,
come un uomo che sia stato portato addormentato in
un’isola deserta e spaventosa e si svegli senza sapere
dov’è e senza modo d’uscirne» (Pensieri, 693).
Non furono diversi i
sentimenti di Giacomo Simpson, scopritore del
cloroformio. Nel mezzo della sua grande attività
umanitaria scrisse: «Quando la benevolenza avrà compiuto
il suo corso, quando non ci saranno più malati da
guarire, quando tutto ciò per cui ho vissuto finirà, che
cosa riempirà allora il mio cuore e i miei pensieri?».
E cosa dire dell’uomo
contemporaneo? Si potrebbe pensare che la scienza sia
riuscita a rispondere ai suoi grandi interrogativi e che
il benessere materiale sia riuscito a riempire la sua
vita. Ma non è così! Dietro al finto sorriso e la sua
apparente sicurezza, si nasconde un uomo più che mai
misero e deluso da una vita che sente sempre più priva
di significato. L’uomo è perduto, per rendercene conto
basta guardare al nostro mondo rovinato, alla nostra
società corrotta, ai nostri giovani, che meno di tutti
riescono a nascondere il loro smarrimento.
QUESITI CHE VORREMMO DIMENTICARE
Per quanto possa sembrare
assurdo, l’uomo, benché perduto, non cerca di capire la
propria condizione e di trovare una via di salvezza. Al
contrario, fa di tutto per non pensarci. «Sin
dall’infanzia», osservò Pascal, «si caricano gli uomini
d’occupazioni, d’impicci e si fa loro credere che la
mancanza d’una sola di queste cose li renderà infelici.
Così si riempie la loro giornata di preoccupazioni.
Strano modo di renderli felici, direte voi! Che cosa si
potrebbe fare di più per completare la loro felicità?
Come! Che cosa si potrebbe fare? Basterebbe liberarli da
tutte le loro preoccupazioni; poiché allora vedrebbero
se stessi, penserebbero a ciò che sono, si chiederebbero
da dove vengono e dove vanno; e così non si può mai
occuparli e distrarli abbastanza… Com’è vuoto il cuore
dell’uomo» (Pensieri, 143).
UN PROBLEMA SEMPRE PIÙ GRANDE
Per quanto l’uomo cerchi di
dimenticare, col tempo il suo problema esistenziale si
fa sempre più drammatico. Infatti, il giovane, benché
inquieto e frustato, trova rifugio nel futuro, sperando
che l’automobile, il matrimonio, la casa, i figli e un
buon lavoro diano un senso finale alla propria vita. Ma
una volta ottenute queste cose, rimane deluso e
s’accorge che esse non danno alcun significato alla sua
esistenza. Così passata l’età degli entusiasmi, quando
ci si trova improvvisamente vecchi e senza più mete da
raggiungere, la vita perde quasi completamente senso e
la si sopporta per istinto di sopravvivenza.
Allora si guarda indietro e ci
si domanda: «È possibile che gli anni siano passati così
in fretta? Che senso ha avuto la mia vita? I miei
progetti, le mie speranze, i miei sogni, dove sono
finiti?».
Da giovani ci si era rifugiati
nel futuro, ma quando s’è vecchi nel futuro non si
vedono che le difficoltà dell’anzianità, il timore della
morte e l’angosciante paura di dover rendere conto a Dio
del male commesso. Allora l’anziano si rifugia nel
passato, spendendo i pochi anni che gli rimangono da
vivere nei ricordi di ciò che è stato e non sarà mai
più. E così, nella nostalgia e nel rimpianto, ci si
lascia lentamente andare verso la morte che,
inesorabile, ci attende. È possibile che la vita
dell’uomo s’esaurisca così? Che non vi sia nulla di più?
IL MESSAGGIO DI GESÙ
«Qual è il comandamento
primo fra tutti?», chiese un giorno un giovane
religioso a Gesù. A questo interrogativo Gesù rispose
così: «Il Signore, Dio nostro, è l’unico Signore. Ama
dunque il Signore, Dio tuo, con tutto il tuo cuore, con
tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta
la tua forza» (Marco 12,39s).
Questo brano è importante
perché risponde alla domanda di fondo sul senso ultimo
della vita. Lo scriba ebreo di duemila anni fa,
esprimeva il grande interrogativo, chiedendo a Gesù
quale fosse il primo fra tutti i comandamenti.
Oggigiorno, noi chiediamo: «Qual è la cosa più
importante nella vita dell’uomo?».
La risposta di Gesù è comunque
la stessa: «La cosa più importante nella vita dell’uomo
è conoscere e amare Dio con tutto il proprio essere!».
Gesù c’insegna che l’uomo è stato creato per lo scopo
più alto e meraviglioso: conoscere e amare Dio. Questo è
il suo primo dovere e se non lo adempie, tutto il resto
non significherà nulla! Se oggi l’uomo vive nella
miseria, è proprio perché ha fatto l’assurda scelta di
voltare le spalle a questa meravigliosa chiamata,
decidendo di vivere senza Dio e contro Dio, cercando poi
di riempire l’immenso vuoto lasciato dal Creatore con le
cose effimere del mondo.
Nelle parole di Gesù v’è
sicuramente severità, ma anche misericordia e speranza.
Infatti, facendoci comprendere quale sia il peccato
fondamentale che ha rovinato le nostre vite, egli
c’indica anche la via della salvezza. Perché, se
scegliere di vivere senza Dio ci ha portati alla
perdizione, tornare a lui costituisce la nostra
salvezza.
TROVARE DIO
La questione più importante
della nostra vita è, dunque, trovare Dio. Se solo
potessimo conoscere il Creatore e Sovrano di tutto ciò
che esiste! Allora troveremmo anche la risposta ai
nostri angoscianti interrogativi. In Lui la nostra
misera vita avrebbe davvero un senso. In Lui, Dio giusto
e misericordioso, saremmo liberati dal male, che ci ha
rovinato, dalle ansie e dalle paure che ci angosciano.
Conoscendo la sua grazia, potremmo vivere nella verità,
nella giustizia e nel vero amore. Conoscendo il suo
eterno perdono, potremmo affrontare con profonda pace la
morte e l’eternità. Ma come trovare Dio?
L’Evangelo risponde a questo
interrogativo fondamentale. Esso ci annuncia che, benché
noi abbiamo abbandonato Dio, egli nella sua grazia non
ha abbandonato noi! Dio è venuto a cercarci, divenendo
uomo affinché potessimo trovare in lui la salvezza dalla
nostra perdizione. Gesù Cristo, infatti, pronunciò
queste importanti parole: «Io
sono la via, la verità e la vita» (Gv 14,6).
Se vogliamo conoscere la via, la verità e la vita,
dobbiamo conoscere Cristo, perché in Cristo conosceremo
Dio!
IL PERDONO DEI NOSTRI PECCATI
Gesù, subito dopo, aggiunge: «Nessuno
viene al Padre se non per mezzo di me» (Gv 14,6).
Perché? Perché Gesù Cristo, il Figlio di Dio, offrendo
la sua vita in sacrificio, scontò con le sue sofferenze
e la sua morte l’enorme prezzo dei nostri peccati. Lo
disse egli stesso: «Il Figlio dell’uomo è venuto non
per essere servito, ma per servire e per dare la sua
vita come prezzo di riscatto per molti» (Mt 20,28).
Dio, nella sua sovranità e per
l’infinito amore che ebbe per noi, scelse di punire suo
Figlio al posto nostro. Al riguardo si servì
dell’arbitrio di Erode e di Ponzio Pilato, delle nazioni
e di tutto il popolo d’Israele, i quali fecero a Gesù
tutte le cose che la mano e il consiglio di Dio avevano
prestabilito che avvenissero! (At 4:27s). La legge di
Dio ci condanna a causa del nostro peccato, ci maledice,
ma coloro che credono nell’Evangelo possono dire: «Cristo
ci ha riscattati dalla maledizione della legge essendo
divenuto maledizione per noi» (Gal 3,13).
«Carissimi», scrive
l’apostolo Giovanni, «in questo è l’amore: non che
noi abbiamo amato Dio, ma che egli ha amato noi, e ha
mandato suo Figlio per essere il sacrificio
propiziatorio per i nostri peccati» (1 Gv 5,10). Il
nostro peccato ci separa al presente da Dio, ma Gesù
Cristo ha interceduto per noi e ha pagato il prezzo dei
nostri peccati, affinché, credendo in lui, noi potessimo
venire a Dio Padre ed essere perdonati, riconciliati e
accolti come suoi figli per sempre, Per questo
l’apostolo Paolo dice: «Uno è infatti Dio, uno e
mediatore di Dio e degli uomini, l’uomo Cristo Gesù, il
quale diede se stesso come prezzo di riscatto per tutti»
(1 Tm 2,5s).
Nessuna opera buona dell’uomo
potrebbe mai cancellare il suo peccato davanti a Dio!
Infatti, come insegna la Bibbia, il prezzo del peccato è
la morte (Rm 6,23). Soltanto credendo in Cristo e
nell’opera d’espiazione che egli ha compiuto per noi,
morendo per i nostri peccati, che l’uomo troverà il
perdono di Dio!
L’apostolo Paolo scrisse: «È
per grazia che siete stati salvati, mediante la fede; e
ciò non viene da voi; è il dono di Dio. Non è in virtù
di opere, affinché nessuno se ne vanti» (Ef 2,8s).
UN APPELLO DA ASCOLTARE
Nel messaggio dell’Evangelo
troveremo sempre queste due realtà: giustizia e
misericordia. Leggiamo d’un Dio infinitamente santo,
perfettamente giusto, che un giorno giudicherà tutti gli
uomini e punirà i ribelli che non hanno aperto il loro
cuore alla verità dell’Evangelo ma si sono compiaciuti
nella malvagità (2 Ts 2,12). Li caccerà dalla sua
presenza per abbandonarli definitivamente a una eternità
di miseria e di dolore (Mt 13,42; 25,41-46). Ma la
Bibbia annuncia anche che Dio è amore (1 Gv 4,8), che
egli non si compiace della morte dell’empio, ma che
l’empio si converta dalla sua via e viva (Ez 33,11), che
«Dio ha tanto amato il mondo che ha dato il suo
unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non
perisca, ma abbia vita eterna» (Gv 3,16).
Dunque, come l’apostolo Pietro
predicava due millenni fa, oggi l’Evangelo rivolge
all’uomo lo stesso appello: «Ravvedetevi e
convertitevi, perché i vostri peccati siano cancellati»
(At 3,19). Chi crede in Cristo, riceverà un perdono
gratuito ed eterno (Rm 3,21-28), conoscerà una nuova
vita alimentata dallo Spirito Santo e vissuta secondo il
volere di Dio (Gv 3,1-18; Rm 6,8) ed entrerà un giorno
nel regno eterno di Dio (2 Pt 3,13).
La Parola di Dio ci chiama
dunque a ravvederci dal nostro peccato e a tornare a
lui, anche se finora l’abbiamo disprezzato, affinché le
nostre vite siano salvate e trasformate dalla sua grazia
e dal suo eterno amore.
Soltanto quando Dio sarà il
bene supremo della nostra vita, conosceremo il vero
significato dell’esistenza, vivremo nella verità e
troveremo il vero riposo dell’anima nel Dio assoluto e
immutabile.
(Questo articolo proviene da una
chiesa frequentata da Giovambattista Mele in Canada, è
stato tradotto ed elaborato dapprima da quest’ultimo,
per poi essere redatto e integrato da Nicola Martella.)
► URL: http://lucebiblica.altervista.org/Articoli/Cosa_importante_MeG.htm
09-07-2007; Aggiornamento: 07-06-2015
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