Come ottenere il discernimento biblico

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IL PECCATO

 

 di Giovambattista Mele - Nicola Martella

 

Il peccato entrò nel mondo

     Il primo uomo creato da Dio fu Adamo e la prima fu donna Eva. Da essi ebbe inizio l’umanità, come ci viene narrato nel primo libro della Bibbia, la Genesi.

     Adamo e Eva furono creati a immagine di Dio e furono posti nel giardino dell’Eden, perché lo lavorassero e ne godessero liberamente. Essi erano in uno stato di innocenza primordiale, erano buoni e felici e godevano la comunione con il loro Creatore. Erano pienamente liberi, non era stata posta loro alcuna limitazione, eccetto una cosa: Dio aveva detto a Adamo: «Mangia pure liberamente del frutto d’ogni albero del giardino; ma del frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male non ne mangiare, perché nel giorno che tu ne mangerai, per certo morrai» (Gn 2,16s).

     In seguito, Adamo ed Eva, istigati dal serpente (il diavolo), disubbidirono al commando di Dio e mangiarono del frutto proibito, commettendo così il primo peccato della storia.

 

Che cos’è il peccato?

     È, secondo i casi, ribellione nei confronti di Dio, trasgressione dei suoi comandi, inimicizia e ostilità verso Dio. Ciò si può realizzare in diverse maniere: col pensiero, con la parola e con gli atti.

     Secondo l’apostolo Giovanni, «il peccato è la violazione della legge» (1 Gv 3,4). Non è però peccato solo violare la legge, facendo qualcosa di proibito, ma tante volte lo si commette anche omettendo di fare qualcosa di positivo. Giacomo, uno dei fratelli del Signore, ha scritto: «Chi sa fare il bene e non lo fa, commette peccato» (Gcm 4,17).

     È peccato non solo l’azione, ma anche l’attitudine, ossia la tendenza al peccato; il peccato permea i pensieri, i desideri, i sentimenti. Non è necessario rubare, ammazzare, disonorare o bestemmiare, per commettere peccato: esso può essere realizzato anche senza commettere nessuna di queste empietà. «Gli occhi alteri e il cuore gonfio, lucerna degli empi, sono peccato» (Pr 21,4).

     La peggiore condizione dell’uomo è quella di vivere peccato e di permanere in esso. A tale situazione si trovano quei peccatori che sanno d’essere tali e non vogliono accettare la salvezza.

 

Le conseguenze del peccato

Per damo ed Eva esse furono le seguenti.

     ■ 1. Essi persero il favore di Dio, diventando soggetti al peccato, alla colpa e alle pene derivanti. Dio disse a Eva riguardo alla sua condizione di donna: «Io moltiplicherò grandemente le tue pene». Dio disse ad Adamo riguardo alla sua funzione di uomo: «Il suolo sarà maledetto per causa tua. Esso ti produrrà spine e triboli, e tu mangerai il pane con il sudore del tuo volto, finché tu ritornerai nella terra da dove fosti tratto; perché sei polvere e in polvere ritornerai» (Gn 3,16-19).

     ■ 2. Essi furono cacciati dall’Eden.

     ■ 3. Per la loro caduta il peccato e la morte entrarono nel mondo. Paolo lo spiegò così: «Per mezzo d’un uomo il peccato è entrato nel mondo e per mezzo del peccato v’è entrata la morte, e in questo modo la morte è passata su tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato» (Rm 5,12). In altre parole, siamo peccatori per natura. Il peccato è universale: esso è una naturale influenza a cui tutti gli uomini sono soggetti. È come un’infezione che porta a una malattia, da cui bisogna essere curati. È una macchia da cui bisogna essere lavati.

 

L’opera divina di riscatto

     Nel giorno in cui i nostri progenitori commisero il primo peccato, si mostrò in loro il disagio di stare dinanzi al Dio santo e anche il disagio di una coscienza che colpevolizza e il disagio di essere preda della propria e dell’altrui concupiscenza. Dio non solo minacciò il serpente di una certa sconfitta proprio mediante la discendenza della donna, che egli aveva sedotta (Gn 3,15), ma fece qualcosa d’immediato: nella sua misericordia coprì le loro nudità con delle pelli, restituendo loro la dignità (Gn 3,21); poiché ciò costò la vita a degli animali, insegnò così il principio dell’espiazione. Da qui in poi, tale principio della riabilitazione mediante l’espiazione fu praticato da tutti i seguaci del Dio vivente. Questa pratica finì quando Dio diede il suo proprio Figlio come prezzo di riscatto, affinché l’uomo fosse riabilitato tramite il sangue del Signore Gesù Cristo.

     Dio insegnò ad Adamo ed Eva tale principio dell’espiazione vicaria del peccato. Essa fu praticata legittimamente, ad esempio, da Abele, Noè, Abramo, Israele e, in tal modo, giunse fino a noi, realizzandosi definitivamente in Gesù Cristo. Egli è il Liberatore e il Messia da lungo atteso. Dio si fece uomo nel suo Figlio Gesù Cristo, perché soffrisse e morisse, versando il suo sangue, per sanare gli uomini dal terribile cancro del peccato. Ora, chiunque crede in lui, come ci dice l’Evangelo, non perisce, ma ha vita eterna (Gv 3,16).

 

La salvezza disponibile per tutti

     Solo in Gesù Cristo v’è salvezza dal peccato e dalla perdizione eterna. «Non v’è sotto il cielo altro nome che sia stato dato agli uomini, per il quale noi abbiamo a essere salvati» (Atti 4,12). Chiunque crede in Lui ottiene la remissione dei peccati ed è giustificato davanti a Dio (At 13,38). Gesù è «l’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo» (Gv 1,29) e che con suo proprio sangue «ci purifica da ogni peccato» (1 Gv 1,7).

     Possiamo dire con l’apostolo Paolo che «il salario del peccato è la morte, ma il dono di Dio è la vita eterna in Gesù Cristo, nostro Signore» (Rm 6,23). Il peccato ha portato la morte nel mondo, ma Gesù vi ha riportato la vita. Per aver vita è necessario accettare Gesù come proprio Salvatore.

     Abbiamo brevemente accennato all’origine del peccato, alla sua natura, alle sue conseguenze, alla sua universalità e al suo unico rimedio. Abbiamo anche detto che nella Bibbia non si trova altra soluzione per essere liberati dal peccato fuori di Gesù Cristo. Egli è l’unico Salvatore. Infatti Gesù stesso proclamò: «Io sono la via, la verità e la vita; nessuno può venire al Padre se non per mezzo di me» (Gv 14,6). E anche: «Io sono la porta; se uno entra per me, sarà salvato» (Gv 10,9).

     Non ci sono altre porte che portano a Dio: né uomini né angeli, né persone viventi né morti. Uno può essere santo quanto voglia, ma non salverà mai nessuno.

     Perciò proclamiamo che Gesù Cristo è l’unico che può salvare le anime che confidano in Lui, perché Egli solo ha versato il suo sangue per la salvezza delle anime. È necessario che il peccatore si ravvedi, si penta dei suoi peccati e accetti Gesù Cristo quale Salvatore e Signore, e sarà salvato.

     Guai a dire di non aver fatto in fondo nulla di male e di essere senza peccato! Infatti il peccato è universale e tutti ne sono soggetti. Anche le cosiddette «persone oneste» o gli «uomini giusti» sono peccatori e hanno bisogno di salvezza come tutti i personaggi che compaiono nella Bibbia.

     Alcuni affermano: «Abbiamo visto gente che si diceva salvata e che intanto commetteva dei peccati». È vero. Questa è la natura umana. L’apostolo Giovanni apostolo, parlando dei credenti che avevano accettato Cristo quale Salvatore e Signore, scrisse: «Figlioli miei, io vi scrivo queste cose affinché non viviate nel peccato; e se alcuno ha peccato, noi abbiamo un avvocato presso il Padre, cioè Gesù Cristo, il giusto; ed Egli è l’espiazione dei nostri peccati; e non soltanto dei nostri ma di quelli di tutto il mondo» (1 Gv 2,1s).

     Il Salvatore Gesù siede alla destra di Dio Padre e intercede ogni giorno chiunque va a Dio nel suo nome: chi crede in Gesù e va pentito a Lui, Egli è disposto a donare il perdono dei peccati e la vita eterna. Egli è pronto a lavare il cuore del peccatore, a purificare la sua anima dalla colpa, a liberarlo dalle tentazioni e a donargli la vittoria.

     È scritto: «Avrò misericordia delle loro iniquità e non mi ricorderò più dei loro peccati» (Eb 8,12). Essi vengono cancellati per sempre. Chi va a Lui ora, otterrà il perdono. Dio non vorrà più portarsi alla mente i peccati che ha perdonato.

 

► URL: http://lucebiblica.altervista.org/Articoli/Peccato_EnB.htm

09-07-2007; Aggiornamento: 07-06-2015

 

 

«Bada a te stesso e all’insegnamento; persevera in queste cose, perché, facendo così, salverai te stesso e quelli che ti ascoltano» (1 Timoteo 4,16)

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