«Giovanni [Battista] rispose
dicendo: “L’uomo non può ricevere cosa alcuna, se non
gli è data dal cielo”» (Gv 3,27).
Qui Giovanni rispose ai suoi
discepoli che gli fecero presente che quel Gesù, a cui
egli aveva reso testimonianza, stava battezzando e aveva
molto seguito (v. 26). Avendo Dio destinato a ognuno il
suo ruolo, il Battista riconfermò d’essere il precursore
del Messia (v. 28).
Di là dal contesto, in tale breve
frase è concentrata la speranza e la disperazione
dell’umanità.
«L’uomo non può ricevere
cosa alcuna». Dal contesto possiamo capire che
Giovanni parlava di verità spirituali. Egli rendeva
chiaro che c’è un genere di verità che non può essere
mai razionalizzata fin in fondo, poiché l’intelletto
umano può afferrare solo idee immanenti e terrene. La
verità divina è di natura spirituale e perciò può essere
appresa sola per mezzo d’una rivelazione spirituale: «…se
non gli è data dal cielo».
Giovanni non proclamava una
nuova dottrina, ma sviluppava una verità già insegnata
nell’AT. Il profeta Isaia, per esempio, scrisse queste
parole di Dio: «I miei pensieri non sono i vostri
pensieri, ne le vostre vie sono le mie vie, dice
l’Eterno. Come i cieli sono alti al di sopra della terra
così sono le mie vie più alte delle vostre vie e i miei
pensieri più alti dei vostri pensieri» (Is 55,8s).
Forse queste parole avevano
per i suoi ascoltatori solamente il significato che i
pensieri di Dio, pur essendo simili ai nostri, erano più
vasti, e le sue vie erano tanto al di sopra delle nostre
quanto si conveniva a qualcuno, la cui sapienza è
infinita e la potenza senza limite.
Ora Giovanni suggeriva
abbastanza chiaramente che i pensieri di Dio non solo
sono più grandi dei nostri quantitativamente, ma
qualitativamente sono completamente diversi dai nostri.
I pensieri di Dio appartengono al mondo trascendente e
spirituale, mentre quelli dell’uomo sono legati
all’intelletto e alle sue possibilità. Mentre il mondo
dello spirito (trascendenza) può penetrare l’intelletto
umano, quest’ultimo — essendo immanente — non potrà mai
penetrare il primo. I pensieri dell’uomo non potranno
mai scandagliare quelli di Dio. «Quanto sono
imperscrutabili i suoi giudizi e incomprensibili le sue
vie!» (Rm 11,33).
Dio fece l’uomo a sua immagine
e pose in lui una facoltà per mezzo della quale avrebbe
potuto conoscere le cose spirituali. Quando l’uomo
peccò, morì. L’espressione «essere morti nei falli e nei
peccati» (Ef 2,1.5) non si riferisce alla morte
corporale, ma alla condizione spirituale dell’uomo, il
cui intelletto è ottenebrato e la conoscenza di Dio è
menomata. Gli uomini, non essendosi attenuti alla verità
divina, «si sono dati a vani ragionamenti e
l’insensato loro cuore s’è ottenebrato» con tutte le
conseguenze derivanti (Rm 1,21ss). I pagani, dominati
dalla vanità dei loro pensieri, mostrano questo quadro
mentale e spirituale: hanno «l’intelligenza
ottenebrata, [sono] estranei alla vita di Dio, a motivo
della ignoranza che è in loro, a motivo dell’indurimento
del cuore loro. 19Essi, avendo perduto ogni
sentimento, si sono abbandonati alla dissolutezza fino a
commettere ogni sorta di impurità con insaziabile
avidità» (Ef 4,17ss).
La mente è certamente la sede
della capacità di ragionamento e di comprensione. L’uomo
però non può conoscere Dio per mezzo della ragione: può
conoscere solo delle cose intorno a Dio. Infatti per
mezzo della luce della ragione possono essere scoperti
solo alcuni fatti importanti. «Quel che si può
conoscere di Dio è manifesto in loro, avendolo Dio loro
manifestato; poiché le perfezioni invisibili di Lui, la
sua potenza e divinità, si vedono chiaramente fin dalla
creazione del mondo, essendo intese per mezzo delle
opera sue; per tali motivi essi sono inescusabili»
(Rm 1,20s).
La ragione morale dell’uomo
può essere illuminata dalla luce della natura, ma i
misteri più profondi di Dio le rimangono nascosti finché
non abbia ricevuto un’illuminazione dall’alto. «Or
l’uomo psichico non riceve le cose dello Spirito di Dio,
perché gli sono pazzia; e non le può conoscere perché si
giudicano spiritualmente» (1 Cor 2,14).
Quando lo Spirito illumina il
cuore, l’uomo è in grado di vedere ciò che non aveva mai
visto prima, di conoscere ciò che non aveva mai
conosciuto prima; si tratta di una specie di conoscenza
che il pensatore più acuto non può produrre. Egli
conosce ora in maniera profonda e sicura, e ciò che
conosce non ha bisogno d’essere provato con la ragione.
La sua esperienza supera la ragione, è immediata,
perfettamente persuasiva e interiormente soddisfacente.
«L’uomo non può ricevere
cosa alcuna». Qualunque sia l’opinione che
l’uomo ha della ragione, l’opinione che Dio ne ha è
molto bassa. «Dov’è il savio? Dov’è lo scriba? Dov’è
il disputatore di questo secolo? Dio non ha resa pazza
la sapienza di questo mondo?» (1 Cor 1,20).
La ragione dell’uomo è uno
strumento acuto e utile nella sua sfera d’azione. È un
dono di Dio ed Egli non esita di fare appello a esso,
quando si rivolge a Israele dicendo: «Venite dunque,
e discutiamo insieme» (Is 1,18). «Risveglia la
mia memoria, discutiamo assieme, parla tu stesso per
giustificarti!» (Is 43,26).
L’incapacità della ragione
umana quale organo per conoscere la dimensione divina
risalta non dalla sua debolezza ma dalla sua incapacità
naturale. La ragione non è stata data all’uomo per
essere una facoltà con cui conoscere Dio di per sé;
egli può farlo solo dove Dio si rivela.
La dottrina dell’incapacità
della mente umana e del bisogno d’una illuminazione
divina è talmente sviluppata nel NT che è veramente
incomprensibile che i cristiani abbiano tanto deviato da
essa.
Il fondamentalismo cristiano
si è ben tenuto lontano dal liberalismo. Orgoglioso
della sua superiorità dottrinale, a modo suo è caduto
anch’esso nell’errore; tale errore si chiama
«letteralismo», cioè la nuda ortodossia che, legata alla
«lettera», pensa di poter comprendere senza lo Spirito
Santo (cfr. Rm 7,6; 2 Cor 3,6).
L’altro estremo è però il
misticismo cristiano che, reagendo al «letteralismo»
esagerato e
al liberalismo, ritiene di poter vivere una dimensione
mistica della fede, prescindendo da ciò che Dio ha
rivelato nella sua Parola o interpretandola alla luce
della propria esperienza religiosa.
Ovunque, fra i conservatori,
si trovano persone istruite secondo la Bibbia, ma non
sempre istruite secondo lo Spirito. Essi concepiscono la
verità come qualche cosa che si può afferrare con la
sola mente.
I fondamenti della fede
cristiana possono essere insegnati, ma la verità divina
non si riduce a delle nozioni. Non esiste verità al di
fuori dello Spirito e solo quest’ultimo può radicarla
nel cuore. L’intelletto più brillante può essere
completamente idiota, se messo a confronto con i misteri
di Dio. Perché un uomo comprenda la verità rivelata e la
applichi alla sua situazione, ci vuole un atto simile a
quello originale con cui Dio ispirò per la prima volta
il testo biblico. Possiamo chiamare ciò ispirazione
(derivata) o illuminamento spirituale.
«Se non gli è dato dal
cielo». Qui sta l’atro lato della verità. Qui
c’è speranza per tutti: poiché queste parole significano
che vi è qualcosa simile a un dono che proviene dal
cielo.
Paolo chiedeva retoricamente:
«Chi ha conosciuto il pensiero del Signore? O chi è
stato il suo consigliere?» (Rm 11,34). La risposta
è: nessuno.
Già il Salmista riconosceva: «Come
sono grandi le tue opere, o Eterno! I tuoi pensieri sono
immensamente profondi» (Sal 92,5).
Michea constatava che le molte
nazioni che, basandosi sulla propria valutazione delle
cose, si erano radunate contro Israele per distruggerla,
non avevano tenuto presente una «variabile divina» non
soggetta a raziocinio: «Ma esse non conoscono i
pensieri dell’Eterno, non intendono i suoi disegni:
poiché egli le raduna come mannelle sull’aia», ossia
per distruggerle (Mi 4,11s).
Amos, presentando l’Eterno, il
Dio degli eserciti, tra altre cose come «colui che
forma i monti e crea il vento», aggiunse: «Egli
fa conoscere all’uomo qual è il suo pensiero» (Am
4,13).
Quindi, sebbene Dio si
nasconda all’arbitrio dell’uomo e ai fabbricanti d’idoli
(anche ideologici) — «In verità tu sei un Dio che ti
nascondi, o Dio d’Israele, o Salvatore!» (Is 45,15;
cfr. 59,2) — Egli è pronto a rivelarsi a chi lo cerca
con integrità e serietà: «V’è nel cielo un Dio che
rivela i segreti» (Dn 2,28.47). Le cose non
vedibili, udibili e pensabili dall’uomo psichico, «Dio
le ha rivelate a noi per mezzo dello Spirito» (1 Cor
2,9s).
Gesù spiegò il fatto che
Pietro lo aveva riconosciuto come Messia e Salvatore
mediante una diretta rivelazione proveniente dal Padre
che è nel cielo (Mt 16,17). Egli insegnò ai discepoli ad
aspettare la venuta dello Spirito di verità che avrebbe
insegnato loro ogni cosa (Gv 15,26; 16,13). E in una
delle sue preghiere disse: «Io ti rendo grazie, o
Padre, perché hai celato queste cose ai savi e agli
intelligenti e le hai rivelate ai piccoli fanciulli»
(Mt 11,25).
► URL: http://lucebiblica.altervista.org/Articoli/Spirito_illumina_Esc.htm
09-07-2007; Aggiornamento: 07-06-2015
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