Come ottenere il discernimento biblico

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«La dichiarazione delle tue parole illumina, dà intelletto ai semplici» (Salmo 119,130)

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Cultura e fede
 
 
 

Questa opera contiene senz'altro alcune novità. Leggendo i brani escatologici della Bibbia sorgono vari interrogativi, ad esempio i seguenti:

■ I credenti, quando muoiono, vanno in cielo o in paradiso?

■ I morti nell'aldilà sono solo inattivi o anche incoscienti?

■ I bimbi morti dove vanno?

■ Se nessuno sa il giorno e l'ora dell'avvento del Messia, perché diversi cristiani hanno fatto predizioni circostanziate per il loro futuro imminente?

■ Qual è la differenza fra escatologia e utopia?

■ In che cosa si differenzia la speranza biblica dalla speranza secolarizzata di alcuni marxisti?

■ Il «rapimento» precederà o seguirà la tribolazione finale?

■ Quando risusciteranno i credenti dell'AT?

■ Il regno millenario è concreto o solo spirituale?

■ Durante il suo regno futuro col Messia regnerà sono Israele o anche la chiesa?

■ Nella nuova creazione i credenti abiteranno in cielo o sulla nuova terra?

■ Lo stagno di fuoco esisterà per sempre?

■ I morti si riconoscono nell'aldilà?

■ Non sarà noioso vivere nel nuovo mondo?

■ Ci sarà il tempo nel nuovo mondo?

■ Ci sarà il matrimonio nel nuovo mondo?

■ Eccetera...

 
 

 

 
 

 

 

 
 
 
 
 

 

L’ILLUMINAZIONE DELLO SPIRITO

 

 di Giovambattista Mele - Nicola Martella

 

«Giovanni [Battista] rispose dicendo: “L’uomo non può ricevere cosa alcuna, se non gli è data dal cielo”» (Gv 3,27).

     Qui Giovanni rispose ai suoi discepoli che gli fecero presente che quel Gesù, a cui egli aveva reso testimonianza, stava battezzando e aveva molto seguito (v. 26). Avendo Dio destinato a ognuno il suo ruolo, il Battista riconfermò d’essere il precursore del Messia (v. 28).

 

Di là dal contesto, in tale breve frase è concentrata la speranza e la disperazione dell’umanità.

     «L’uomo non può ricevere cosa alcuna». Dal contesto possiamo capire che Giovanni parlava di verità spirituali. Egli rendeva chiaro che c’è un genere di verità che non può essere mai razionalizzata fin in fondo, poiché l’intelletto umano può afferrare solo idee immanenti e terrene. La verità divina è di natura spirituale e perciò può essere appresa sola per mezzo d’una rivelazione spirituale: «se non gli è data dal cielo».

     Giovanni non proclamava una nuova dottrina, ma sviluppava una verità già insegnata nell’AT. Il profeta Isaia, per esempio, scrisse queste parole di Dio: «I miei pensieri non sono i vostri pensieri, ne le vostre vie sono le mie vie, dice l’Eterno. Come i cieli sono alti al di sopra della terra così sono le mie vie più alte delle vostre vie e i miei pensieri più alti dei vostri pensieri» (Is 55,8s).

     Forse queste parole avevano per i suoi ascoltatori solamente il significato che i pensieri di Dio, pur essendo simili ai nostri, erano più vasti, e le sue vie erano tanto al di sopra delle nostre quanto si conveniva a qualcuno, la cui sapienza è infinita e la potenza senza limite.

     Ora Giovanni suggeriva abbastanza chiaramente che i pensieri di Dio non solo sono più grandi dei nostri quantitativamente, ma qualitativamente sono completamente diversi dai nostri. I pensieri di Dio appartengono al mondo trascendente e spirituale, mentre quelli dell’uomo sono legati all’intelletto e alle sue possibilità. Mentre il mondo dello spirito (trascendenza) può penetrare l’intelletto umano, quest’ultimo — essendo immanente — non potrà mai penetrare il primo. I pensieri dell’uomo non potranno mai scandagliare quelli di Dio. «Quanto sono imperscrutabili i suoi giudizi e incomprensibili le sue vie!» (Rm 11,33).

     Dio fece l’uomo a sua immagine e pose in lui una facoltà per mezzo della quale avrebbe potuto conoscere le cose spirituali. Quando l’uomo peccò, morì. L’espressione «essere morti nei falli e nei peccati» (Ef 2,1.5) non si riferisce alla morte corporale, ma alla condizione spirituale dell’uomo, il cui intelletto è ottenebrato e la conoscenza di Dio è menomata. Gli uomini, non essendosi attenuti alla verità divina, «si sono dati a vani ragionamenti e l’insensato loro cuore s’è ottenebrato» con tutte le conseguenze derivanti (Rm 1,21ss). I pagani, dominati dalla vanità dei loro pensieri, mostrano questo quadro mentale e spirituale: hanno «l’intelligenza ottenebrata, [sono] estranei alla vita di Dio, a motivo della ignoranza che è in loro, a motivo dell’indurimento del cuore loro. 19Essi, avendo perduto ogni sentimento, si sono abbandonati alla dissolutezza fino a commettere ogni sorta di impurità con insaziabile avidità» (Ef 4,17ss).

     La mente è certamente la sede della capacità di ragionamento e di comprensione. L’uomo però non può conoscere Dio per mezzo della ragione: può conoscere solo delle cose intorno a Dio. Infatti per mezzo della luce della ragione possono essere scoperti solo alcuni fatti importanti. «Quel che si può conoscere di Dio è manifesto in loro, avendolo Dio loro manifestato; poiché le perfezioni invisibili di Lui, la sua potenza e divinità, si vedono chiaramente fin dalla creazione del mondo, essendo intese per mezzo delle opera sue; per tali motivi essi sono inescusabili» (Rm 1,20s).

     La ragione morale dell’uomo può essere illuminata dalla luce della natura, ma i misteri più profondi di Dio le rimangono nascosti finché non abbia ricevuto un’illuminazione dall’alto. «Or l’uomo psichico non riceve le cose dello Spirito di Dio, perché gli sono pazzia; e non le può conoscere perché si giudicano spiritualmente» (1 Cor 2,14).

     Quando lo Spirito illumina il cuore, l’uomo è in grado di vedere ciò che non aveva mai visto prima, di conoscere ciò che non aveva mai conosciuto prima; si tratta di una specie di conoscenza che il pensatore più acuto non può produrre. Egli conosce ora in maniera profonda e sicura, e ciò che conosce non ha bisogno d’essere provato con la ragione. La sua esperienza supera la ragione, è immediata, perfettamente persuasiva e interiormente soddisfacente.

     «L’uomo non può ricevere cosa alcuna». Qualunque sia l’opinione che l’uomo ha della ragione, l’opinione che Dio ne ha è molto bassa. «Dov’è il savio? Dov’è lo scriba? Dov’è il disputatore di questo secolo? Dio non ha resa pazza la sapienza di questo mondo?» (1 Cor 1,20).

     La ragione dell’uomo è uno strumento acuto e utile nella sua sfera d’azione. È un dono di Dio ed Egli non esita di fare appello a esso, quando si rivolge a Israele dicendo: «Venite dunque, e discutiamo insieme» (Is 1,18). «Risveglia la mia memoria, discutiamo assieme, parla tu stesso per giustificarti!» (Is 43,26).

     L’incapacità della ragione umana quale organo per conoscere la dimensione divina risalta non dalla sua debolezza ma dalla sua incapacità naturale. La ragione non è stata data all’uomo per essere una facoltà con cui conoscere Dio di per sé; egli può farlo solo dove Dio si rivela.

     La dottrina dell’incapacità della mente umana e del bisogno d’una illuminazione divina è talmente sviluppata nel NT che è veramente incomprensibile che i cristiani abbiano tanto deviato da essa.

     Il fondamentalismo cristiano si è ben tenuto lontano dal liberalismo. Orgoglioso della sua superiorità dottrinale, a modo suo è caduto anch’esso nell’errore; tale errore si chiama «letteralismo», cioè la nuda ortodossia che, legata alla «lettera», pensa di poter comprendere senza lo Spirito Santo (cfr. Rm 7,6; 2 Cor 3,6).

     L’altro estremo è però il misticismo cristiano che, reagendo al «letteralismo» esagerato e al liberalismo, ritiene di poter vivere una dimensione mistica della fede, prescindendo da ciò che Dio ha rivelato nella sua Parola o interpretandola alla luce della propria esperienza religiosa.

     Ovunque, fra i conservatori, si trovano persone istruite secondo la Bibbia, ma non sempre istruite secondo lo Spirito. Essi concepiscono la verità come qualche cosa che si può afferrare con la sola mente.

     I fondamenti della fede cristiana possono essere insegnati, ma la verità divina non si riduce a delle nozioni. Non esiste verità al di fuori dello Spirito e solo quest’ultimo può radicarla nel cuore. L’intelletto più brillante può essere completamente idiota, se messo a confronto con i misteri di Dio. Perché un uomo comprenda la verità rivelata e la applichi alla sua situazione, ci vuole un atto simile a quello originale con cui Dio ispirò per la prima volta il testo biblico. Possiamo chiamare ciò ispirazione (derivata) o illuminamento spirituale.

     «Se non gli è dato dal cielo». Qui sta l’atro lato della verità. Qui c’è speranza per tutti: poiché queste parole significano che vi è qualcosa simile a un dono che proviene dal cielo.

     Paolo chiedeva retoricamente: «Chi ha conosciuto il pensiero del Signore? O chi è stato il suo consigliere?» (Rm 11,34). La risposta è: nessuno.

     Già il Salmista riconosceva: «Come sono grandi le tue opere, o Eterno! I tuoi pensieri sono immensamente profondi» (Sal 92,5).

     Michea constatava che le molte nazioni che, basandosi sulla propria valutazione delle cose, si erano radunate contro Israele per distruggerla, non avevano tenuto presente una «variabile divina» non soggetta a raziocinio: «Ma esse non conoscono i pensieri dell’Eterno, non intendono i suoi disegni: poiché egli le raduna come mannelle sull’aia», ossia per distruggerle (Mi 4,11s).

     Amos, presentando l’Eterno, il Dio degli eserciti, tra altre cose come «colui che forma i monti e crea il vento», aggiunse: «Egli fa conoscere all’uomo qual è il suo pensiero» (Am 4,13).

     Quindi, sebbene Dio si nasconda all’arbitrio dell’uomo e ai fabbricanti d’idoli (anche ideologici) — «In verità tu sei un Dio che ti nascondi, o Dio d’Israele, o Salvatore!» (Is 45,15; cfr. 59,2) — Egli è pronto a rivelarsi a chi lo cerca con integrità e serietà: «V’è nel cielo un Dio che rivela i segreti» (Dn 2,28.47). Le cose non vedibili, udibili e pensabili dall’uomo psichico, «Dio le ha rivelate a noi per mezzo dello Spirito» (1 Cor 2,9s).

     Gesù spiegò il fatto che Pietro lo aveva riconosciuto come Messia e Salvatore mediante una diretta rivelazione proveniente dal Padre che è nel cielo (Mt 16,17). Egli insegnò ai discepoli ad aspettare la venuta dello Spirito di verità che avrebbe insegnato loro ogni cosa (Gv 15,26; 16,13). E in una delle sue preghiere disse: «Io ti rendo grazie, o Padre, perché hai celato queste cose ai savi e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli fanciulli» (Mt 11,25).

 

► URL: http://lucebiblica.altervista.org/Articoli/Spirito_illumina_Esc.htm

09-07-2007; Aggiornamento: 07-06-2015

 

 

«Bada a te stesso e all’insegnamento; persevera in queste cose, perché, facendo così, salverai te stesso e quelli che ti ascoltano» (1 Timoteo 4,16)

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